Il tributo di sofferenze e sangue, compagno fatale delle guerre di ieri, di oggi, di sempre.

La strage di vite umane  in giro per il mondo, che le guerre perseguono con accanimento degno di miglior causa, è diventata notizia quotidiana dei canali informativi, che a forza di reiterare il messaggio finiscono per anestetizzare gli animi vaganti in un’aura di indifferenza. E lo sgomento, la partecipazione umana, lo sdegno quando si manifestano, finiscono per diventare anche, addirittura soprattutto, occasione di contrapposizione politica.  Negli ultimi anni sono esplosi  conflitti armati un po’ dovunque nel mondo, ed ora anche vicino a noi in Europa, dopo ottant’anni di pace a parte la vicenda iugoslava. Sembrava che l’immenso lavacro di sangue delle due guerre mondiali del XX secolo avesse decretato la fine dei sacrifici umani al dio della guerra. Tra il primo e secondo conflitto planetario morirono intorno ai cento milioni di persone, militari e civili. I motivi del massacro: conflitti per ideologie  contrapposte, per interessi economici, per religioni diverse, per torti subiti da vendicare, per desiderio di predominio e potenza,  addirittura per banali errori di comunicazione come nella grande guerra. Si è giustificata questa immane macelleria con la promessa che, dopo, sarebbero sorti un mondo e una umanità migliore e si sarebbe inaugurato un tempo di pace perpetua. Così nella storia non è mai stato, anche i periodi di pace più lunghi che apparivano eterni sono finiti e la guerra sembra essere consustanziale alla natura umana. Ma tra le motivazioni che i decisori politici adducono al perché delle guerre, oltre alla fallace promessa di una pace perpetua, c’è quella fondamentale e decisiva  della necessaria e virtuosa lotta del bene contro il male. Suprema mistificazione, ché la storia sta lì a certificare che coloro che pretendono di battersi dietro le bandiere del bene commettono misfatti come e peggio dei maligni.  Solo che la storia la scrivono i vincitori e sono loro a tirare la linea su ciò che è stato fatto, decretando il giudizio etico sui fatti. Che poi al di là di tutto e a conferma della arbitrarietà del giudizio etico, non dimentichiamo il potere oscuro della finanza internazionale che finanzia le guerre e non considera le istanze etiche, si trova addirittura a finanziare contemporaneamente entrambi i contendenti se gli conviene.  E dunque, al di là della finanza, dei torti da sanare, dei desideri di conquista e di tutto il resto, c’è questo aspetto sconvolgente che non viene considerato mai a sufficienza: le sofferenze indicibili delle persone coinvolte, militari e civili, e con loro di tutte le forme viventi che popolano il mondo e del mondo stesso nella sua inorganicità. È un’offesa imperdonabile al Dio creatore di tutte le cose. Perché il Dio di Abramo che ci racconta la Bibbia non perdonava l’olocausto tributato a dei al di fuori di Lui. E le guerre sono olocausti a Thanatos il dio della morte. I conflitti lo risvegliano dal sonno indotto da Ipno, il fratello dio del sonno, e risvegliatosi, vorace, richiede sacrifici umani. La mitologia greca ha dato un volto, un nome alla causa degli avvenimenti luttuosi della storia e in questo modo riesce a descrivere poeticamente quanto le  elaborazioni razionali di storici e sociologici moderni propongono.   Venendo alla attualità, nella guerra in atto da tre anni tra la Federazione russa e l’Ucraina sostenuta dall’Occidente, siamo in riga con la barbarie occorsa nelle guerre del Novecento: si parla di circa un milione di caduti tra civili e militari. Come altri dati terribili si riscontrano nella guerra tra Israele e il gruppo terroristico di Hamas che domina il territorio palestinese, con vittime soprattutto tra i civili palestinesi. Eppure questo aspetto conta incredibilmente come strumento di lotta politica. I progressisti invocano i morti palestinesi, i conservatori quelli israeliani dell’8 settembre, e i caduti sono benzina per riaffermare l’appoggio ad Israele o alla Palestina. Di fatto la contabilità degli orrori non porta ad un coro unanime di esecrazione, rinforza invece gli schieramenti, e i lutti hanno diversa penetranza a seconda del campo di battaglia dove si sono sofferti. E così I terroristi palestinesi continuano a non liberare gli ostaggi, cosa che toglierebbe giustificazioni all’azione militare israeliana, mentre gli israeliani definiscono danni collaterali le vittime che provocano i loro bombardamenti sui civili palestinesi. Intanto le fabbriche di armi continuano  a rifornire i due fronti, e privati e stati realizzano entrate stratosferiche da questo mercato di morte. Però si propongono soluzioni che una ad una inesorabilmente falliscono, da far sospettare che sia tutta una pantomima. Rimane solo il Papa a pronunciare parole di amore, giustizia e carità, ad invocare la misericordia di Dio, che non abbia ad adirarsi con questi figli ingrati, come accadde nel deserto con gli ebrei che avevano disobbedito, condannati a vagare per 40 anni senza poter vedere la terra promessa.