Nel 1453 il sultano Maometto II cinge d’assedio Costantinopoli con un esercito forte  di 80000 o 160.000 uomini secondo diverse fonti.       Nella città  c’è l’imperatore Costantino XI  Paleologo con  7000 uomini tra cui veneziani, genovesi, catalani e turchi trasfughi.       Il contingente genovese è guidato da Giovanni Giustiniani Longo, amico personale dell’imperatore che lo mette a capo di tutto l’apparato difensivo.   Secondo alcune fonti si tratterebbe di un personaggio ambiguo, al pari della comunità genovese che vive nel quartiere raccolto sotto la torre di Galata.               Si suppone che mantengano rapporti con il sultano per i loro interessi commerciali pur facendo parte della difesa della città, e pur distinguendosi in questa per coraggio ed abnegazione.              I turchi oltre i soldati  hanno formidabili bocche da fuoco costruite da armigeri ungheresi agli ordini di tal maestro Urban.                Dalla parte bizantina solo armi leggere.                    Dal 12 al 18 Aprile iniziano bombardamenti senza tregua contro le poderose mura cittadine erette da àTeodosio.       Il 18 Aprile inizia l’attacco della fanteria ad ondate successive: prima delle truppe irregolari, poi i soldati dell’esercito, infine le truppe scelte dei giannizzeri.        Tutti gli assalti vengono respinti con coraggio e incrollabile fede dagli assediati.         Nel corno d’oro viene momentaneamente rimossa la lunga catena che sbarra l’accesso al porto e tre navi genovesi riescono a portare armi e viveri alla città.    Nonostante numerosi tentativi le navi della flotta turca non riescono a passare lo sbarramento.      Allora il sultano ordina di trasportare alcune navi via terra sino al Corno d’Oro facendole scivolare su traversine spalmate di grasso.             In questo modo l’assedio che era solo da terra ora si allarga anche al mare, diffondendosi a tutta la cerchia muraria.          I veneziani progettano di mandare contro  le navi turche loro imbarcazioni incendiarie, ma, sembra per una soffiata dei genovesi, il nemico si avvede della manovra e questa fallisce.        Dovrebbe arrivare una flotta veneziana in soccorso, comandata da Jacopo Loredan, ma stranamente la navigazione viene interrotta,e la flotta cala l’ormeggio nel porto di Negromonte,  anche qui forse per ordine del Senato della Serenissima, e questi aiuti non arriveranno mai.       Come pure da tutta l’Europa e dalla Cristianità si susseguono appelli alla mobilitazione e al soccorso ma nulla accade.     Il 7 Maggio inizia il secondo assalto alle mura che viene di nuovo respinto.       Allora riprendono violenti bombardamenti, e il 12 maggio sferrano un nuovo attacco, anche questo  respinto.       Vista l’impossibilità di aver ragione delle mura guarnite di combattenti e nonostante la dispersione delle forze imperiali costrette a dividersi lungo l’intera circonferenza della città, il sultano ricorre al lavoro di minatori serbi che scavano gallerie sotto le mura per penetrare da lì in Costantinopoli.         Il tedesco Giovanni Grant informato della cosa dai genovesi, questa volta a favore dell’imperatore, fa scavare altre gallerie attraverso le quali distrugge quelle del nemico.         Altri due opere militari vengono approntate dagli assalitori: una gigantesca torre che sovrasta le mura e un ponte tra le due rive del Corno.        Entrambe vengono abbattute.      Gli assediati resistono.         Anche gli astri fanno la loro parte in appoggio al Sultano , perché in quei giorni si verificano fenomeni astronomici che sono interpretati in modo nefasto dalla corte imperiale: l’eclissi di luna in concomitanza con  la fase calante, che secondo le profezie annunciava la fine dell’Impero Romano.     Allora si organizza una grande processione dietro l’icona della Madonna dell’Odighitria conservata a San Salvatore in Chora a ridosso delle mura.          Ma l’icona cade a terra nel fango come ulteriore segno di catastrofe e la gente si disperde.      Il giorno dopo, un fitta nebbia e strane luci compaiono sopra Santa Sofia gettando sgomento nel popolo. ( in anni recenti si è appurato che avrebbero potuto essere dovute all’esplosione del vulcano nell’Oceano Pacifico dell’isola di Kuwae che fece cadere la temperatura nel mondo e provocò  effetti di luce tipo aurora boleare).             Il 28 Maggio vigilia dell’attacco finale si celebra una messa solenne comune in Santa Sofia da parte dei cattolici e degli ortodossi.               L’imperatore Costantino XI il basileus  arringa le truppe e si accinge a combattere in mezzo ai suoi, nonostante la corte lo inviti a mettersi in salvo.    Due ondate di assalitori vengono respinte nonostante le altissime scale utilizzate.       La prima ondata ad opera delle milizie irregolari bashi-bazuk,  la seconda costituita da truppe regolari anatoliche.       Respinte le prime due viene sferrato l’attacco dalle truppe scelte dei giannizzeri.       Ma anche loro non riescono a passare.          Improvvisamente il condottiero genovese Giovanni Longo distintosi nella mischia a provocare strage tra gli assalitori, forse in seguito ad una ferita riportata, decide di uscire dalla città con tutto il suo stato maggiore per raggiungere le sue navi in rada e colà farsi medicare.         Corre voce che i turchi hanno forzato le difese utilizzando la porta aperta dal genovese,  si crea smarrimento tra i difensori ,  e nella confusione alcuni gruppi di giannizzeri riescono a penetrare oltre le mura.            Costatino XI cade nella mischia combattendo, gli altri vengono fatti prigionieri e gli alti dignitari civili e religiosi in gran parte si suicidano.             Inizia il saccheggio della città e la strage dei sopravvissuti.             Dopo un giorno di massacri e depredazioni  Maometto II decide di porre fine ai disordini, ed entra solennemente  in Santa Sofia per dare inizio alla liturgia  mussulmana.