PROVE DI EUTANASIA

     

Tachipirina e riposo, chiamare solo se si aggrava.           E dopo un po’ si aggravano, con il respiro che diventava difficile, la febbre che aumenta.         Così chiamano e quelli vengono a prenderli.          Una borsa con gli effetti personali, un po’ di denaro, il cellulare.          Un saluto inquieto alle persone di casa, che non possono accompagnarli né visitarli, dopo, in ospedale.           Salgono con le loro gambe sull’autoambulanza, in mezzo a gente mascherata.      Andando, pensano stralunati, che sia solo un brutto sogno.         In fondo si sentono ancora bene, solo quel respiro un po’ difficile.                Hanno detto loro che si tratta di un’influenza che non si può più curare a casa, e’ meglio tenerli un po’ ricoverati.        Una volta arrivati li hanno spogliati, lavati, vestiti con abiti di carta, messi in una stanza con letti e macchine gracchianti.       C’è gente attaccata ad esse.       Ci mettono anche lui con un casco in testa e dentro una corrente d’aria che non mitiga il calore di quella prigione.   Si guarda intorno e ogni giorno vede qualcuno che viene staccato dalla macchina e portato in un’altra stanza, il suo posto occupato da un nuovo arrivo.     Poi tocca anche a lui.     Gli dicono che lo avrebbero fatto dormire un po’, perché quella macchina non basta più, ce ne vuole un’altra, più potente.          Se ne sono andati così, uno ad uno, i nostri vecchi e non solo.     Si è tentato di curarli, in qualche modo, con sacrificio ed abnegazione, ma spesso senza risultato.     Un po’ vittime sacrificali del nuovo millennio, globalizzato, progressista, capitalista-comunista, comunque ateo.      Una morte senza Dio, senza nessuno intorno della vita trascorsa, senza nemmeno accorgersi di morire.