La medicina sino a qualche anno fa aveva come fondamentale cardine la clinica,  cioè quel complesso di manovre che il medico al letto del malato pone in essere, per abbozzare una diagnosi e poi confermarla con ausili strumentali ,al fine di proporre la terapia più appropriata.     Questo vale anche e ancora di più nelle urgenze , quando i tempi sono necessariamente più stretti.     L’altro giorno si è presentata al pronto soccorso di un  Ospedale una donna che da alcune ore lamenta violenti dolori addominali.    Viene visitata verosimilmente e trattenuta nei locali del Pronto Soccorso per seguire l’evoluzione del quadro sintomatologico e decidere il da farsi.      Nel frattempo esami di laboratorio, ecografie , consulenze specialistiche, e terapie farmacologiche.     Ma con il passare delle ore i dolori, se possibile, aumentano ulteriormente.    Infine viene richiesta una tomografia addominale ( TAC ).      Dopo di che è stato proposto ed eseguito un intervento chirurgico.     All’intervento il chirurgo trova una banale aderenza esito di un pregresso intervento di appendicectomia di circa 40 anni prima.      Una banalità ma il tratto di intestino coinvolto è ormai in necrosi ed si rende necessario asportarlo. Tutti i medici della mia generazione ormai anziani avevano per punto fermo un insegnamento che riguardava il quadro clinico che va sotto il nome di addome acuto.    Indipendentemente dalle cause  tante e diverse che provocano l’addome acuto, l’elemento comune è la necessità di operare nel giro di 5-6 ore, non di più.    Perché oltre tale termine i danni prodotti dalla patologia sono gravi, se non mortali.      E quali sono queste malattie che portano all’addome acuto?        Ulcere perforate , appendiciti , emorragie interne, infarti intestinali ,traumi addominali, peritoniti conseguenti:  questi le principali e altre che sarebbe lungo elencare.              Ma ripetiamo che al di là della varietà delle patologie ci sono alcuni segni comuni che permettono di porre diagnosi di addome acuto e questi segni si colgono con una visita accurata da parte del medico: il dolore riferito, la contrattura della parete addominale, la presenza di aria libera in addome, lo stato di sofferenza del paziente, etc…     Pochi altri accertamenti servono oltre la visita accurata, al massimo un emocromo e una radiografia diretta dell’addome.     Nel caso descritto la paziente è stata operata il giorno successivo all’ingresso in Ospedale.     Questo ritardo ha comportato il sacrificio di un ampio tratto di intestino,  rispetto alla semplice sezione dell’aderenza, se si fosse intervenuti prima.   Perché succedono queste cose?     Se c’è stato un ritardo da parte dei medici bisogna considerare le cause.   Iniziamo con lo sviluppo enorme della tecnologia che spesso più che integrare ha sostituito il lavoro dei clinici.   Si chiede alle macchine  comunque e sempre una diagnosi , ma sono macchine , non lo possono fare, trascureranno sempre qualche particolare che solo l’acume del medico saprà apprezzare.   Il medico a causa della preponderanza tecnologica visita meno e con più superficialità i malati. Questi sono sempre meno pazienti , e sempre più cittadini cui è stato inculcato che devono pretendere il risultato della cura , perché sono diventati clienti che hanno pagato o loro o lo stato per loro.     Da qui il contenzioso medico-legale che è diventato enorme e la cosa legittima da parte del medico l’esecuzione di tutte le indagini strumentali possibili per non incorrere nell’accusa di aver trascurato qualcosa, e in condizioni d’urgenza si possono perdere ore preziose.      E che dire delle linee guida, questo mostro burocratico che ideato per aiutare il clinico all’uniformità dei comportamenti diventa una sorta di “Vangelo” o “Torah” o “Corano” se si preferisce, la cui pedissequa osservanza quella sì, ci tutelerà dagli avvocati.     Ma la variabilità dei casi clinici  e il modo di destreggiarsi in questi è altra cosa.    Infine la perniciosa influenza dei mezzi d’informazione che trasformano i pazienti più acculturati in esperti della materia, e insieme al consenso informato mal interpretato e gestito finiscono per condizionare l’autorevolezza e le capacità decisionali del medico. Si potrebbero dire altre cose sull’argomento ma basta così.